Giardini Naxos – (di Giuseppe Vinciguerra)
« Ora, sfuggito che avemmo gli scogli di Scilla e Cariddi, ecco che ben presto
giungemmo al cospetto dell’isola sacra del sole. In essa eran belle giovenche
dall’ampia cervice e molte pingui greggi del Sole figlio Iperione ».
« La terra dove pascolano le greggi al sole », cantata da Omero nel libro dodicesimo dell’Odissea, è stata identificata, dagli studiosi degli itinerari di Ulisse, nella zona dove si stabilirono Naxøs e Tauromenion.
E questa è legata al GENIUS LOCI di Naxos.
A Giardini Naxos si è assistito nel tempo a celebrazioni che ne rievocano la storia, i personaggi mitici e le nobili origini. È stato da sempre per Noi giardinesi fonte di soddisfazione ed orgoglio vantare queste origini e celebrarne i fasti con rievocazione di avvenimenti.
Il GENIUS LOCI è l’entità naturale e soprannaturale legata al luogo e oggetto di culto. Secondo i romani infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) ed il Genius loci è il Genio del luogo abitato e frequentato dall’uomo.
Pare che nella zona di Naxos esistesse un tempio per il culto di Afrodite, innalzato dai Siculi ed adorato anche dai Greci; tale tempio, secondo Diodoro Siculo, sarebbe esistito ancora nel primo secolo a. C.
La Sicilia dell’VIII sec. A.C. non era in attesa di essere scoperta da una di quelle “magnifiche civiltà eterogenee tutte venute da fuori” della quali per venticinque secoli almeno – come diceva don Fabrizio Salina – gli isolani dovettero portare il peso sulle spalle.
L’isola viveva la sua usuale vita preistorica. Siculi ad est del Platani, Sicani ad Ovest, Elimi sulla estrema punta di occidente, Ausoni e Morgeti nell’area nord-occidentale, tanti eredi dei Castellucciani.
Gente venuta dall’egeo aveva visitato le coste sicule più di mezzo millennio innanzi, e vi aveva lasciato un’impronta. La colonizzazione greca arrivò all’improvviso, inaspettata, penetrante, dominatrice e trasformò l’isola, nel giro di due secoli, in uno dei centri più fioranti e dinamici della civiltà mediterranea antica. Naxos era il primo approdo per chi veniva dalla Grecia ed i Greci eressero fuori dalle mura, sulla rada, un’ara ad Apollo Arkegetes (conduttore dei coloni), che acquistò grande fama allora in Sicilia e fu mèta di solenni pellegrinaggi religiosi.
Tucidite afferma che l’ara ai suoi tempi, cioè all’epoca della guerra del Peloponneso era fuori delle mura cittadine, e che i theoroi prima di partire per la Grecia offrivano sacrifici. Essa quindi si deve porre sulla spiaggia dove è supponibile che i coloni ellenici abbiano toccato terra, presso il porto da cui si staccavano le navi dopo avere finito di sacrificare al nume protettore.
Da un passo di Appiano appare che l’altare di Apollo Archegetes, quello stesso innalzato dai Naxi quando posero il piede per la prima volta in Sicilia e fondarono la prima colonia ellenica, esisteva ancora in piedi nel 36 a. C. Egli prosegue: L’archegetes è una piccola statua (agalmation ) che istituirono la prima volta quelli dei Naxi che emigrarono in Sicilia.
Oggi dalla fine del VII secolo a.C. sono i resti di un piccolo edificio sacro, Sacello. Della fine del VI secolo a. C. vi è imponente edificio sacro che nasconde quasi le strutture del sacello.
Anche nel tempo moderno GENIUS LOCI è divenuta un’espressione adottata per individuare un approccio allo studio dell’ambiente, interazione di luogo e identità. Con la locuzione di genius loci si intende individuare l’insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente. Suole indicare il “carattere” di un luogo.
Infatti la prima terra che attirò l’attenzione dei navigatori greci fu la costa Orientale della Sicilia, ben presto individuata come la più idonea per una loro colonizzazione.
I navigatori Eubei possedevano, in quell’epoca, stabilimenti pirateschi a Cuma e Pitecuse (Ischia) e, per raggiungerli, passavano per le spiagge Occidentali della Grecia, veleggiavano intorno alle coste dell’Italia meridionale, giungevanocosì nello Stretto che attraversavano poi, dirigendosi verso le Eolie e le coste della Campania.
La nostra zona, quindi, la “Terra del Sole”, trovandosi situata nelle direttrici del traffico commerciale greco, dovette essere ben nota a quei marinai, i quali, una volta ritornati in Patria, sicuramente ne tesserono le lodi per la bellezza dei paesaggi, per la fertilità del suolo, per l’amenità del clima: essi avranno portato notizia a Calcide dell’esistenza di una terra da sogno, ai piedi di una gigantesca montagna fumante, in prossimità di un fiume dalle acque limpide e fresche, che si snodava in una verde pianura: un autentico paradiso terrestre, posto sotto un cielo quasi sempre terso ed azzurro, con un aria salutare, rinfrescata dalla brezza del mare turchese, placido nell’attuale rada delimitata da due« Cani », uno dei quali, formato da caratteristiche rocce “nere”, che costituiva un buon approdo per le piccole imbarcazioni di allora; inoltre i marinai avevano preso contatto con i miti cd indolenti abitatori indigeni e sapevano così che non ci sarebbe stata reazione violenta ad un eventuale stabilimento di coloni nella loro madre Patria.
Inoltre la naturale prosbolè, o via di comunicazione marittima, tra l’Italia e la Sicilia era per gli antichi navigatori provenienti dalla Grecia quella traLeucopetra, oggi Capo Spartivento, e Naxos, assecondata dalla corrente che da « Capo dell’Armi » si spinge verso l’isola, toccandola appunto nei pressi di Naxos.
Quanto sopra detto spiega i motivi per cui i Greci scelsero la nostra zona per fondarvi la loro prima colonia stabile della Sicilia.
Naxos fu fondata nel 735 a. C. dall’oikista (condottiero, fondatore) Theokles, ateniese o forse calcidese, nella zona che si estende tra le rocce basaltiche del promontorio e la fertile pianura bagnata dal fiume che fu detto « Akesines » e dal torrente che fu denominato « Onobalas », là dove spontanei crescevano le viti, olivi e pingui pascoli, in prossimità di un mare pescoso.
Circa l’etimologia del nome Naxos, i pareri degli studiosi concordano nel farla risalire a Naxos di Grecia, una delle isole dell’Arcipelago delle Cicladi, nell’Egeo.
I nuovi arrivati, secondo il prof. P. Rizzo, ben presto dovettero impadronirsi delle alture del Tauro, costituenti una fortezza naturale e fondare uno Stato di circa 150 Kmq, i cui confini dovettero coincidere con una linea che, dipartitasi da « Capo S. Alessio », allora denominato « Argennon Akron », a Nord, sarebbe passata attraverso tutta una serie di colline culminanti nella cima di « Veneretta » e, al di là dell’Alcantara, nel « monte San Filippo », nel « colle di Piedimonte », fino a raggiungere la « punta di Stazzo », oltre Giarre, a Sud. I Greci di Naxos dovettero, molto probabilmente, allontanare gli abitatori indigeni, i Siculi, da qucsto territorio, oppure spontaneamente questi ultimi si saranno trasferiti nelle regioni montuose interne.
Comunque, i rapporti fra i due popoli dovettero essere nel loro complesso buoni, poichè i Siculi accorsero in massa nel 425 per difendere Naxos dall’assalto dei Messeni e nel 415 per aiutate l’impresa degli Ateniesi, comandati da Nicia e dell’alleata Naxos.
Il territorio di Naxos, per la sua natura prevalentemente pianeggiante — oggi pianura dell’Alcantara, campagne di Calatabiano e di Mascali — doveva essere coltivato a vigneti e oliveti e ciò dovette costituire, unitamente alla posizione marittima che permetteva i commerci ed una buona pesca, una fonte di grande prosperità per la città.
In questa fertilissima regione i Naxii si dedicarono alla coltivazione delle vigne ed alla raccolta del frumento, oltre che, nella parte collinare, alla coltivazione degli ulivi.
L’importanza della coltivazione della vite e fama del prodotto è rilevata anche dalle monete di Naxos, nelle quali spesso appare il grappolo d’uva e la vite. Questi simboli oggi compaiono nel gonfalone comunale.
Inoltre nei verdi prati della regione si allevavano imponenti mandrie di bestiame.
Il primo nucleo di coloni di Naxos sarebbe stato costituito dunque da calcidesi e da emigrati dell’omonima isola dell’Egeo, cui si sarebbero aggiunti poi avventurieri di stirpe diverse, jonica e dorica, ingrossando la colonia che divenne molto popolosa.
Fonti:
– “Storia di Sicilia” opera pubblicata sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica e sotto gli auspici della Regione Siciliana, del Banco di Sicilia e Cassa di Risparmio V.E. , vol 1°, 1979;
– “Naxos Siceliota”, P. Rizzo, Catania 1894);
-“Naxos e Giardini nei secoli”, F.Salimbene, M. Vinciguerra, R. Talio , Catania 1973 .
Riporto, infine, una poesia dell’agosto/1969 del cap. Matteo Vinciguerra, cultore della storia e della poetica di
Naxos
NAXION
Bordeggiando al largo
per lo Jonio di Cobalto,
scorgiam dal mare
la turrita Nasso.
Culla feconda
d’operose genti,
d’ubertose valli
d’Akesin dominatrice.
Patria d’olimpico Tysandro,
di Prokles battitor di conii,
argonauti intrepidi
vi albergano e vasai valenti.
A piè del Mongibello stesa,
bella ti fece il Creator,
ricca, possente in terra
ed in mar reina.
Iniquo geloso Dionigi
in una notte illune,
per frode di altro Prokle ingrato,
ti portò morte e ruina.
Pianser i nipoti di Teocle,
per terre siceliote raminghi,
servi dopo novantaquattresima olimpiade
allor che l’undecima l’avea visti signori.