Coltivazione del vitigno “Primitivo” in Sicilia, Stefàno (Pd) apre lo scontro, Ministro Bellanova (Iv) ridimensiona, regioni Puglia e Sicilia … “doverosamente”… precisano…

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Bari – (Dal nostro inviato Alessandro La Spina) Udite Udite!… già da qualche giorno le pagine dei principali giornali italiani riferiscono di una polemica capace di distogliere l’attenzione dal difficile periodo vissuto dal nostro paese, a testimonianza del fatto che le eccellenze agroalimentari legate alla tipicità dei territori sono, per tutti noi, cose importantissime. Si tratta (lo scriviamo sorridendo….), dell’ormai celebre “battaglia del vino”. Fanno discutere, infatti, le parole pronunciate dal senatore Pd Dario Stefàno riguardo alla delibera della Giunta Regionale Siciliana, approvata nell’Agosto dello scorso anno ed entrata, adesso, nella fase sua operativa, con cui si autorizza la coltivazione del vitigno “Primitivo” nel territorio dell’Isola, decisione che ha destato le proteste del mondo vitivinicolo pugliese e delle altre zone di cui la celebre cultivar è autoctona. «Non è possibile accettare – ha dichiarato Stefàno – che l’egoismo commerciale sottragga o utilizzi quanto fatto in nome di una comunità territoriale. L’autorizzazione all’impianto e alla produzione del Primitivo in Sicilia non può essere avallata dal ministero [delle Politiche Agricole – (N.d.R.)] e, a tale riguardo, chiediamo che intervenga immediatamente il presidente Emiliano, coordinatore della Conferenza Stato-Regioni per l’Agricoltura». Le affermazioni del parlamentare hanno ricevuto una quanto mai rapida e dettagliata risposta da parte del dicastero competente. «Mai – afferma il Ministro Teresa Bellanova, pugliese “doc” quanto il senatore Stefàno – consentirò che una bottiglia di vino siciliano Dop o Igp possa chiamarsi “Primitivo” esattamente come solo le Dop e Igp siciliane possono utilizzare il nome del vitigno “Nero d’Avola”, e questo nonostante quel vitigno possa essere coltivato in altre regioni che lo hanno inserito nell’elenco delle varietà raccomandate e autorizzate. La legislazione Europea e i corrispondenti decreti nazionali, come sa chi li conosce, proteggono i riferimenti territoriali, le cosiddette indicazioni geografiche, ma non creano la protezione giuridica delle varietàné impediscono che quelle uve possano essere coltivate anche altrove.Purtroppo questa è un’epoca in cui nessuno più studia o semplicemente si documenta ed è ben triste una politica che cavalca qualsiasi cosa pur di guadagnare un po’ di visibilità, creando confusione e peraltro legittimando aspettative di tutti i generi. Le parole del Ministro, evidentemente rivolte a quanti sostengono che si possa vietare l’impianto di specifici vitigni in luoghi diversi da quelli d’origine, pratica consentita dalle leggi, non sono comunque bastate a calmare gli animi degli addetti ai lavori, costringendo a scendere in campo i vertici delle regioni interessate dalla disputa. «Registriamo le forti preoccupazioni nel mondo agricolo pugliese – afferma il Presidente Michele Emiliano –per il provvedimento con il quale la Regione Sicilia ha autorizzato la coltivazione della varietà di uva Primitivo. I nostri produttori temono, giustamente, che altri territori possano sfruttare in maniera indebita il crescente consenso di mercato di una denominazione che, grazie al duro lavoro e ai tanti investimenti, si sta imponendo sempre di più tra le eccellenze del panorama enologico mondiale. Pur rispettando la legittima decisione dell’Amministrazione siciliana, desidero rassicurare tutti che il governo regionale è vigile per far sì che le varietà vitivinicole autoctone e le denominazioni di origine pugliesi siano adeguatamente tutelate. Per questo motivo, anticipo che l’amministrazione regionale è pronto a mettere in campo una dura opposizione, in ogni modo e in tutte le sedi consentite, nell’eventualità in cui possa emergere una proposta che prevede di inserire la varietà Primitivo in disciplinari DOP o IGP diversi da quelli che già lo consentono». Sulla questione è intervenuto anche l’Esecutivo della Regione Sicilia, con una nota pubblicata sul proprio sito istituzionale. «La poca conoscenza della materia da parte di qualcuno – si legge – e le diatribe politiche tra il parlamentare pugliese Pd Dario Stefàno e la Ministra Bellanova non generino confusione e non mettano in discussione la serietà del mondo vitivinicolo siciliano, così come la correttezza degli atti prodotti dal nostro Ente».A dichiaralo l’assessore all’agricoltura Edy Bandiera. «Nessuna produzione vitivinicola siciliana si chiamerà “primitivo”, così come nessuna produzione pugliese potrà chiamarsi “Nero d’Avola” e questo nonostante il vitigno primitivo, oggi, può essere coltivato in Sicilia e il nero d’avola in Puglia. Situazione analoga a quella del Cabernet-Sauvignon, coltivato in tutto il mondo e non soltanto in Francia, senza che nessuna regione transalpina se ne lamentiAltro ragionamento riguarda l’utilizzo di una denominazione d’origine, disciplinata dai regolamenti europei, che nessuno intende violare. La Sicilia, tra l’altro, ha avviato una sperimentazione pluriennale di primitivo, con un progetto finanziato negli anni ’90 dallo stesso Ministero. Da lì la decisione di autorizzare la coltivazione con il decreto dell’agosto scorso. I vitigni e la immensa biodiversità del patrimonio varietale italiano – aggiunge Bandiera – sono una risorsa di tutto il mondo enologico, proprio le contaminazioni e le combinazioni tra questi, insieme alla ricerca, hanno fatto sì, nei decenni, che il vino italiano si sia affermato nel mondo quale prodotto di straordinaria eccellenza». Agli intenditori, dunque, il compito di valutare i risultati che questo nuovo esperimento riuscirà a garantire in futuro, con la coscienza che non sarà certamente un varietà di uva, per quanto importante, a mettere in discussione la storica vicinanza tra due popolazioni, pugliesi e siciliani, da sempre amiche e legate da imprescindibili affinità culturali.

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