Roma – (di Giovanni Emmi) “Io ho quel che ho donato”. Quando leggiamo dei contributi comunitari che tornano indietro all’ente erogante, viene da pensare alla famosa frase di D’Annunzio incisa nel Vittoriale degli italiani.
Oggi avviene questo. E sempre di più succederà con i contributi pubblici elargiti dai vari ministeri agli enti territoriali, provenienti dai fondi del PNRR.
Lo Stato li dona agli enti pubblici che, incapaci di utilizzarli, devono restituire quanto ricevuto in dono.
Perché accade tutto questo?
Il malcostume italiano e, segnatamente, meridionale di richiedere sempre il contributo pubblico appartiene non solo alle imprese, ma anche alla PA.
Non si parte mai dal progetto. C’è un bando pubblico? Abbiamo i requisiti? Facciamolo! Il progetto non funziona? Non importa, tanto non sono soldi nostri.
È quello che sta accadendo in tutti i comuni italiani, fare a gara per presentare proposte, programmi di investimento, al solo scopo di richiedere denaro pubblico.
Agli organi politici e amministrativi non è ben chiaro, probabilmente, che il problema non è quello di presentare una richiesta di finanziamento e di ottenerlo. Di questi tempi ci sono una miriade di bandi sui siti ministeriali e regionali.
Il vero problema sarà gestirli, eseguirli e rendicontarli, per evitare che tornino indietro dopo l’assegnazione. Il che è anche peggio di non averli richiesti.
Per questo motivo, oggi più che mai non è importante la tecnica di presentazione, bensì la visione, la progettualità.
Partendo dalla visione si sviluppano i progetti e, solamente dopo, si cerca il bando mirato e funzionale.
In questo modo ci si può concentrare solo su quello che serve, senza sprecare energie, ottimizzando i tempi e le risorse umane e economiche.
Non si spreca, inoltre, denaro pubblico, e si dona alla comunità un progetto realizzato, facendo un vero dono, come auspicava il Vate.
Giovanni Emmi – Dottore Commercialista non convenzionale