Roma – (Di Alessandro La Spina) Il Covid-19 ridisegna sensibilmente le priorità degli italiani in tema di acquisti di beni immobili. Se prima della pandemia, infatti, l‘interesse dei privati era indirizzato soprattutto verso le grandi aree urbane del nostro paese, nell’anno appena trascorso esso tende, invece, a spostarsi là dove viene garantita una più alta qualità abitativa, ad esempio, in periferia e località secondarie. È quanto emerge dal 1° rapporto immobiliare Nomisma, presentato di recente. Elena Molignoni, responsabile dell’osservatorio che si occupa di analizzare le tendenze del comparto, ha avuto modo di spiegare come la domanda sostenibile abbia, di fatto, rimesso al centro alcuni fattori, quali, connettività, salubrità e minori costi energetici. Si spiegano così, almeno in parte, i numeri del 2020, che vedono le compravendite di abitazioni registrare un calo annuo (-7,7%) tutto sommato migliore rispetto alle stime della prima ora, attutito, nel secondo semestre, dai mercati di provincia (+10,1%). Sul fronte dei prezzi di acquisto, si evidenzia una flessione compresa tra il -2,0% e il -0,7%. Gli acquirenti sono stati più inclini ad utilizzare i mutui, mostrando un particolare interesse per gli edifici di maggiori dimensioni e con spazi verdi o fuori dal Comune principale, ottimizzate per consumare meno energia. Riguardo alle aspettative future, il 49,8% dei manager di settore ritiene che nel 2021 si potrà tornare ai livelli pre-pandemia, nonostante si rilevino, in proposito, sensibili differenze territoriali, caratterizzate da uno spiccato ottimismo (60%) emerso tra operatori residenti nel Nord Italia, paragonato a quello dei colleghi che vivono al Sud (35%). Ottimistiche anche le previsioni riguardanti la possibilità di commercializzare edifici di nuova fattura, grazie alla ripartenza dei cantieri. Risultano alquanto sconfortanti, invece, le cifre relative al superbonus 110%. Marco Marcatili, a capo della direzione sviluppo di Nomisma, osserva che, al 15 marzo 2021, i lavori inaugurati sono appena 6.512 (dati ENEA), con i condomìni praticamente fermi al palo, al contrario di alloggi unifamiliari e unità immobiliari autonome. Oltre un terzo degli interventi riguarda, inoltre, soltanto Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, aree nelle quali si realizza una capacità gestionale e finanziaria più performante.