Mobilità elettrica, ritardi nelle infrastrutture europee malgrado la voglia di “green”

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Bruxelles – (di Alessandro La Spina) In un mondo in cui si diffondono sempre più i concetti legati all’idea del “sostenibile”, assistiamo, da qualche anno, ad un costante aumento d’interesse dei cittadini europei verso nuovi i sistemi di mobilità elettrica, tendenza confermata da una serie di indagini economiche. Da esse si può facilmente evincere che, se, da un lato, permane lo scetticismo di quanti ancora considerano i carburanti come l’unico elemento capace di assicurare viaggi tranquilli, dall’altro, si registra un’evoluzione a dir poco sorprendente. I risultati di un sondaggio effettuato da Nissan Europe su un campione di 7000 proprietari di veicoli elettrici e termici, suddivisi esattamente a metà, ci dicono, infatti, che il 70% degli intervistati è disponibile a valutare l’acquisto di un mezzo alimentato a elettroni, mentre coloro che già ne dispongono si dichiarano, per l’89% dei casi, convinti della propria scelta. La stragrande maggioranza di questi ultimi (97%) afferma, tra l’altro, che il passaggio alla nuova tecnologia soddisfa pienamente le aspettative, motivando tale giudizio con le ottime prestazioni assicurate dagli EV, maggior fluidità nella guida e, soprattutto, costi di manutenzione talmente bassi da non poter essere nemmeno paragonabili a quelli di un motore endotermico. Nonostante il 58% di quanti possiedono un’automobile tradizionale si dica spaventato dalla (ipotetica) scarsa autonomia delle elettriche, chi le ha acquistate ammette che questa paura è rimasta, praticamente, sulla carta. Interessanti anche le ragioni di carattere ecologico, fondate sull’idea di contribuire, guidando un veicolo di nuova concezione, alla realizzazione di un minor impatto ambientale. Rimangono alcuni nodi da sciogliere, comunque, per far sì che la mobilità a basse emissioni possa estendersi al punto da diventare un fenomeno di massa. Uno dei principali problemi è costituito dalle infrastrutture di ricarica, le quali, nonostante i passi in avanti degli ultimi anni, restano insufficienti ad assicurare una copertura capillare. In una relazione presentata, proprio in questi giorni, dalla Corte dei Conti Europea, si sostiene che la distribuzione delle stazioni destinate ad alimentare le auto elettriche varia considerevolmente nei diversi paesi dell’Unione, i sistemi di pagamento non sono armonizzati e, spesso, gli utenti non riescono ad avere accesso a informazioni in tempo reale. Sebbene si siano registrati alcuni successi dal punto di vista tecnico, per esempio, nel caso dell’introduzione di un unico standard comunitario riguardante i connettori di ricarica, non si è proceduto – continua la Corte – ad un’analisi accurata del deficit infrastrutturale, indispensabile a stabilire con certezza quale fosse l’effettiva necessità di colonnine accessibili al pubblico e la loro corretta ubicazione. Inoltre, i finanziamenti elargiti mediante il programma “Connecting Europe Facility” «non sempre sono andati là dove erano più necessari, così come non vi sono stati valori-obiettivo chiari e coerenti, né requisiti minimi in materia di infrastrutture a livello UE». Secondo l’alta magistratura contabile, se non si procede a colmare rapidamente questo gap rischiamo di non raggiungere l’ambizioso obiettivo, fissato dal Green Deal europeo, del milione di punti di ricarica disponibili entro il 2025. In sintesi, a fronte dell’incremento registratosi nelle vendite di EV in questo anno di pandemia, frutto, certo, degli incentivi di Stato ma anche di un mutamento culturale che va diffondendosi tra i guidatori, risulta quanto mai necessario velocizzare la messa in opera di strategie miranti a colmare quelle lacune che, al momento, fungono da ostacolo alla definitiva affermazione della mobilità elettrica in Europa.

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